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by Baptiste Charles

Quando arrivi a pagina novanta del libro di Linda Seger Writing Subtext arriva un’epifania e capisci cos’è che rende una sceneggiatura avvincente. Anche per lo scrittore questa rivelazione arriva in un secondo momento, più o meno nella terza o quarta bozza, ed è lì che il focus cambia.
C’è un libro indispensabile che tutti dovremmo avere a casa, On Writing di Stephen King.
Qui l’autore descrive il processo di scrittura come il lavoro di un archeologo. Infatti dice: “Le storie sono reliquie, pezzi di un mondo preesistente e da scoprire. Il compito dello scrittore è quello di utilizzare gli strumenti che ha nella cassetta degli attrezzi, per levigare e tenere intatti i pezzi ritrovati. A volte il fossile che puoi trovare è piccolo come una conchiglia. A volte è enorme, un Tyrannosaurus Rex con tutte quelle costole gigantesche e i denti aguzzi…”

La riscrittura compulsiva è una soluzione efficace perché è il modo in cui lo scrittore trova la storia. E’ come se arrivasse una rivelazione in cui finalmente inizia a capire di cosa si tratta e il processo cambia. E’ una sorta di arricchimento, di un peso messo in braccio ai personaggi. I personaggi diventano improvvisamente più reali e gli eventi possono essere spiegati in modo che si comprendano attraverso un linguaggio cinematografico.

Linda Seger, che ha già pubblicato diversi testi di successo su come scrivere una buona sceneggiatura ed è stata una Script Consultant per decenni, offre con questo piccolo libro – meno pagine di Behemoth Story di Robert McKee, moltissime soluzioni e arriva dritta al punto.
Writing Subtext ti aiuta a trovare il sottotesto.

Raramente le persone intendono esprimere ciò che dicono. Una donna entra nel soggiorno e dice a suo marito “Sono un po’ infastidita per quello che hai detto ieri sera a cena…”. Quando è successo? Mentre lo dice, osserviamo il ritmo della sua parlata, se muove gli occhi, se muove le mani o se si tocca i capelli: questo ci dirà molto di più delle sue parole.
Ci dirà del suo personaggio.
Al pubblico interessa questo contrasto. Crea un personaggio con due reazioni diverse una accanto all’altra e lascia che il pubblico creda alla versione migliore. Ecco perché il sottotesto è un’aggiunta che da forza alla tua sceneggiatura: il pubblico sarà più coinvolto e ricorderà il tuo film. Avrai fatto funzionare il loro cervello e ti ringrazieranno per questo.
Creare un Sottotesto, tuttavia, non è solo modificare la struttura, la scaletta o il modo in cui si scrivono i beat delle scene.
E’ una parte del lavoro che va studiata, pensata e poi unita ai vari elementi che compongono la storia. Come suggerisce il titolo completo del libro è ciò che sta sotto.

Mike Nichols, parlando del cinema di Elia Kazan, e a proposito del lavoro di regista dice:  In certi film bisogna girare non solo gli eventi che vengono scritti, e che trovi nel testo, ma anche quelli sotto il testo, dentro e intorno al testo. Come fai a farlo? Devi avere innanzitutto una sceneggiatura cinematografica che abbia quella qualità di essere naturale e allo stesso tempo poetica. 

Linda Seger riesce ad approfondire in modo chiaro e preciso. Affronta i trucchi con cui si può esprimere il sottotesto: il dialogo, la didascalia, le immagini, l’azione, il genere, persino i nomi dei personaggi. Gli esempi che usa sono incredibilmente eloquenti e coprono anche una vasta gamma di film: dall’uso dei simboli fallici in Bonnie & Clyde di Arthur Penn per esprimere il sottotesto sessuale del film, fino a Hitchcock e Billy Wilder che usano il tono insolente nei dialoghi per compiacere i censori all’epoca del Codice Hays.
Le allusioni usate dai cineasti possono passare inosservate ad un primo sguardo eppure trasmettono in modo inconscio il tema o il messaggio allo spettatore. Fanno parte di ciò che il filosofo del XVII secolo Leibniz descrisse come piccole sensazioni: “Potrò sentire il suono del movimento di ogni singola onda del mare solo se sono in grado di capire che quel potente suono è la somma dei movimenti di molte onde. Vale a dire il potente ruggito che sentiamo in riva al mare”. Il raggiungimento di un tale effetto è il punto più alto dell’arte dello scrivere.